martedì 26 aprile 2016

In piazza a Salus Erbe




Pomeriggio molto intenso in Piazza a Saludecio, numerosi bambini si sono avvicinati e accomodati sul nostro grande telo di plastica steso per terra per comporre le 'palline di biodiversità', ispirate al metodo Fukuoka; nell'agricoltura del 'non fare' da lui promossa le palline d'argilla che contengono sementi di varia natura vengono seminati su terreni impoveriti e sarà la natura a decidere quali pianti germoglieranno in quel luogo. 
Così, i bambini immergevano le mani nel secchio marrone per attingere argilla e comporre le prime forme rotonde, continuare ad arrotolare e appiattire, e poi prendendo mix di semi come calendula, legumi, girasole, .......formare le polpettine con un ultimo passaggio nella segatura. Poi venivano stese al sole ad asciugare tutte insieme, per poi essere ritirare dopo qualche ora in vaschette di plastica riciclata o sacchetti di stoffa. 









Molti amici sono passati a trovarci e anche molti nuovi amici hanno conosciuto il nostro progetto e si sono incuriositi lasciandoci i loro recapiti. 
Speriamo di vederci presto al villaggio magari per un grande lancio collettivo.


G.

















venerdì 8 aprile 2016

Avvicinandosi al Genius Loci…




E’ incredibile quanto poco siamo abituati ad osservare…
La permacultura in questo opera una sorta di miracolo, che nella sua semplicità è meraviglioso!
Immaginate di venire catapultati su un pianeta ignoto e vederlo per la prima volta: guarderemmo tutto con attenzione e stupore…in poche parole apriremmo gli occhi!
Ma non solo…non è semplicemente una questione di ciò che si vede, ma ciò che si sente mettendo all’opera tutti i nostri sensi, pure il sesto per chi l’avesse già rispolverato;)
Ho scoperto che ci si può allenare ad osservare, e dopo pochi giorni si notano già dei piccoli, ma sorprendenti miglioramenti.
Ogni giorno mi sento come una bambina che deve imparare tutto dall’inizio…è strano, ma anche divertente! Poi si prova a fare e si sbaglia un sacco, ma è così che si impara.
Osservare, nella mia brevissima esperienza di apprendista, è alla base di ogni altra azione…ma non me ne sono subito resa conto.
All’inizio, presa dalla foga, ho dato più importanza al fare…tipico di chi è stato ben addestrato a produrre, senza sprecare tempo! Ben presto ho capito che ci vuole TEMPO, tempo per osservare.
E’ come entrare in una relazione d’amore con una persona: c’è tutta la bellezza del conoscersi,  dello studiarsi, dell’entrare in sintonia, del sentire noi stessi e l’altra persona…
Anche con un luogo si può instaurare questa relazione amorosa…ed è sorprendente quello che ti arriva in cambio.
Osservare non è perdere tempo, è entrare dentro, immergersi e comprendere che ciò che vediamo fuori di noi è ciò che abbiamo dentro: per questo ogni azione è doppiamente importante… e impattante.
Intendiamoci, non ci basterà osservare per salvarci dagli scivoloni di percorso, ma di certo ne guadagneremo in consapevolezza e anche in soddisfazione!

L’altro giorno ammiravo il nostro terreno dalla collina di fronte: era la prima volta che me ne allontanavo e lo guardavo “veramente”!
Ho notato la sua posizione nel paesaggio, perfettamente al centro dell’abbraccio delle colline; ho seguito il suo profilo, le sue curve dapprima sinuose poi vertiginose, ho rotolato con gli occhi nella frana che si è mangiata un pezzo di colle e mi ha fatto un po’ paura…
Sono tornata passeggiando verso il terreno e il vento mi ha travolto: “da dove vieni, non ti capisco…” gli ho chiesto e lui per tutta risposta ha soffiato ancora più forte, pettinando i lunghi ciuffi d’erba del prato. Ho chiuso gli occhi, ho iniziato a girare su me stessa come in un gioco: era divertente sentire come cambiava la percezione del vento sulla pelle del viso, delle mani, nelle orecchie…
E poi che gioia nello scoprire guardando la bussola sul cellulare che era come pensavo: vento da sud-est! Potrei dargli un nome, come Buzzati nel “Segreto del bosco vecchio”…
Soddisfatta del mio esperimento mi sono rivolta all’acqua, e anche se quel giorno non pioveva sono tornata con la mente ai sopralluoghi fatti nei giorni di pioggia proprio per vedere come si muoveva all’interno della frana.
L’acqua, tra l’altro è un elemento carente nel mio tema natale, perciò mi incuriosisce particolarmente poterci lavorare. E così ho ripercorso i rivoli che si incanalano da monte, i ruscelli che sbucavano dalla terra ferita della frana portandosi via il suo sangue e l’acqua dei tetti che implacabile si insinua nel piede della casa…
Poi c’è ciò che rimane di un vecchio pozzo e l’acqua che misuriamo col metro, interrogandoci sulla sua natura. L’acqua del sindaco non c’è, non arriva fino a qua…dobbiamo organizzarci bene per questa estate se vogliamo fare l’orto: questo mi fa paura…
























Proprio mentre sto cedendo allo sconforto mi viene in mente uno dei mantra del corso di permacultura: “il problema è la soluzione”…e allora benedetto sia il problema!
Ed ecco sotto i miei piedi, solida mi sostiene la terra. Inizio a camminare lentamente e provo a chiudere gli occhi: percepisco il suo degradare, prima dolce più brusco, sento il fruscio dei miei passi tra l’erba che sta crescendo. Ad occhi aperti per evitare di ruzzolare, arrivo in fondo all’appezzamento degli ulivi e mi chino a toccare il suolo. E’ duro e di colore chiaro, ha il colore della sabbia e in alcune zone appare in maniera evidente al di sotto della vegetazione rada.
E’ un po’ diverso da come l’ho visto in alto, vicino alla casa e nell’area dove vorremmo impiantare l’orto. L’acqua, proveniente dall’alto, deve averlo dilavato ben benino rendendolo un po’ arido.
La terra è molto argillosa; se la si prova a scavare da umida è appiccicosa e pesante…ma anche piena di bellissimi lombriconi rosa!
E’ una terra che quando piove scivola via se non è trattenuta dal bosco: lo possiamo vedere bene nella nostra frana…che all’inizio mi terrorizzava, e che ora cerco di guardare con affetto. Mi sembra una grande ferita, a volte quasi cicatrizzata, altre volte pulsante…
Se ci vai dentro e la percorri, rischi di rimanerci infilato e hai la sensazione che ti possa divorare; quando invece guardi la collina da lontano, come se fosse uno splendido dipinto a olio, sembra che in quel punto sia caduto un fiotto di acquaragia e che l’immagine si stia a poco a poco sciogliendo…mmm, non molto rassicurante, soprattutto per una restauratrice come me!
Allora sento che il restauro di questa terra è una cosa molto importante…
Le piante che crescono quassù sono varie: inizio a osservare da terra cercando di riconoscere quelle che compongono il manto erboso e poi risalgo lungo i tronchi.
Svetta su tutte l’indomita gramigna, seguita dai ciuffetti buffi della carota selvatica, e dai teneri piselli selvatici Spadroneggiano i rovi e a sorpresa spuntano in qua e là i piumini dei finocchi selvatici e le foglie irsute dei cardi mariani. La vitalba avviluppa nell’intrico asfissiante dei suoi lunghi capelli ogni albero malcapitato. Il sambuco da parte sua se la batte col biancospino in quanto a buona salute e vigore. Ma se l’ulivo d’argento è la prima donna della compagnia, la regina indiscussa è la quercia che si espande maestosa conquistando l’azzurro del cielo.
Sono tutte piante coraggiose, pioniere, resilienti…di sicuro un po’ spinose e invadenti.

Essere parte di tutto questo è una magia che colma il cuore di gioia…

Io, come una novella Alice, vivo in questo Bel Paese delle meraviglie!

G.

venerdì 1 aprile 2016

Alle radici...





Ricordo che da piccola avevo un sogno; più che un sogno, una vera ossessione…
Trasferirmi nella foresta pluviale e lì rimanere per tutta la vita. Dove esattamente si collocasse questa foresta pluviale non era molto chiaro, forse in Amazzonia…non era importante; ciò che sapevo è che avrei vissuto in mezzo ad una lussureggiante foresta!

Il progetto era meticolosamente descritto nelle pagine di una piccola agenda con la copertina fiorata: reperimento dei soldi necessari, preparativi e materiale per partire, viaggio con una fantomatica nave, prime fasi dell’insediamento e successivi sviluppi.
Il tutto era ovviamente corredato da schizzi e disegni. 
Non sarei partita da sola, avrei coinvolto nel mio folle intento anche le mie due migliori amiche dell’epoca…probabilmente loro malgrado! Avevamo stabilito anche la data di partenza: l’11 ottobre del 2003, giorno in cui avrei compiuto 20 anni.

In quella stessa data, molti anni dopo, una delle mie due amiche si sposò e io ritrovando l'agendina fiorata sorrisi e provai tanta tenerezza mista ad ammirazione per quelle temerarie bambine delle elementari…
Credo che quello, senza saperlo, fosse stato il mio primo progetto di permacultura: è proprio vero che da bambini sappiamo già tutto…poi crescendo ce ne dimentichiamo.

C’è voluto un po’ di tempo infatti per ritrovare quel sogno e soprattutto quella stessa determinazione! In mezzo c’è stata la scuola che mi ha addestrato a diventare una brava bambina coscienziosa, poi gli anni dell’università e dei sogni di gloria, il lavoro, il posto fisso tanto agognato, la vita in città…

La sveglia è arrivata con una manciata di piccoli semi di zucchine e pomodori, donatimi da un’amica dal pollice verde.
Ed è stato guardando spuntare quelle verdi piantine sul balcone della mia stanza sui viali di Bologna che mi sono ricordata!
Qualcosa ha iniziato a riemergere nella coscienza e così mi sono ritrovata nel magico mondo dell’orto sinergico…certo, non era proprio come la foresta pluviale dei miei sogni di bambina, ma mi ci stavo avvicinando!
E che meraviglia è stata scoprire passo dopo passo che anche il mio cammino artistico stava andando nella stessa direzione: seme dopo seme anche l’Arte si riconnetteva alla Natura!

Oggi mi trovo qui, sulla cima di una collina ventosa, sul palco scenico "bello e terribile" di un grandioso teatro fatto di colline ammantate di boschi intricati e punteggiate di ulivi d’argento…

Posso sentire sulla pelle la potenza degli elementi: terra, acqua, fuoco, aria sono VERI e sono lì per me…per giocare insieme, per comunicare con me e trasformarci a vicenda in uno scambio continuo di forze e di energie, per curare le ferite che questa umanità ha inferto a se stessa e a Madre Terra…

Mi sento piccola, a volte terrorizzata, spesso confusa e titubante…ma vada come vada sono finalmente parte di questo grandioso Universo.
E non sono sola: con me ci sono dei preziosi compagni di viaggio, uniti dalla volontà di percorrere lo stesso cammino e di crescere insieme





Ringrazio Dio, ringrazio ciò che ho lasciato indietro e che mi ha permesso di arrivare fino a questa collina: è tutto da scrivere, tutto da fare… ma mi sento pronta per continuare questa avventura che è la Vita. 

G.